Titolo: “Le Cose che Restano”
Autore: Jenny Offill
Edito: NNE
Numero pagine: 235
Mese: Novembre
Ho messo un fiore dai petali fragili tra le pagine di questo libro, se apro il libro e guardo il fiore, mi ricordo per quale motivo i pipistrelli non volano di notte, mi torna in mente l’uomo con la barba coperta di api, la muffa fosforescente, e i compagni di scuola numerati.
Guardo il fiore e mi torna in mente il blu: il blu della Terra, il blu del sangue che solo a contatto con l’aria diventa rosso.
Guardo il fiore e penso alla terra: agli uccelli di varie razze, penso al Big Bang e lo chiudo in una stanza tra le pareti di un calendario cosmico, sento il suono della lingua Annic, vedo un nonno che sa parlare in dodici lingue e dire parolacce in molte di più, vedo una bambina cieca che cammina di traverso come un granchio, e un’altra bimba, che risparmia sul pranzo per comprarsi un cavallo.
Guardo il fiore e mi ricordo di quella tribù africana, dove le donne sposano le pietre invece degli uomini, guardo il fiore e penso a quella malattia che colpisce la testa facendola diventare un’altalena.
Poi prendo il fiore, lo tolgo dal libro, lo faccio volare dalla finestra, per capriccio.
Il fiore danza leggero, i petali si staccano dall’ovario, a terra si posa immobile lo stelo.
Apro di nuovo il libro, lo apro a distanza di tempo, tra le pagine, tra le cose che restano,
il profumo.
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